16 luglio 2020, testo: Mirjam Arnold, foto: Donald Desax
Donald Desax è stato a capo del settore Previdenza professionale dell’Helvetia fino alla fine di giugno 2020. Poco prima del suo pensionamento è stato pubblicato lo studio «Quanto sarebbe cara la vita se fosse sempre fine settimana», i cui risultati riflettono come ci immaginiamo di vivere una volta andati in pensione. In questa intervista illustriamo i risultati dello studio insieme a Donald Desax e parliamo anche di come ha vissuto il passaggio a questo nuovo capitolo della sua vita.
Quando avevo 30 anni m’immaginavo di andare in pensione all’età di 55 anni e fare poi qualcosa di completamente diverso: scrivere un libro, gestire una fattoria tutta mia o viaggiare molto. A essere onesti, all’epoca non pensavo ancora alle conseguenze finanziarie. Ho comunque iniziato a costituire il mio terzo pilastro già da giovane.
A cinquant’anni ho avviato le misure finanziare necessarie affinché il pensionamento anticipato potesse diventare realtà. Gli ultimi anni li ho trascorsi a preparare un passaggio di consegne tranquillo al mio successore, a pensare a come volevo consegnare l’organizzazione e preparare i miei collaboratori. Secondo me, riflettere in tempo utile sul periodo in cui ci si ritira dalla vita professionale è inevitabile per gestire e dirigere tutto.
Mi fa sorridere il fatto che anch’io a 30 anni pensavo di andare in pensione all’età di 55 anni. Trovo molto bello che i giovani sognino già adesso come trascorrere gli anni della terza età. Questi sogni sul futuro sono un motore e una fonte di energia importanti per il presente. Al tempo stesso, mi rendo conto che a quell’età la questione della previdenza per la vecchiaia è ancora molto lontana. A trent’anni sono sicuramente altri gli argomenti a cui pensiamo, come il lavoro o la famiglia.
Mi piacerebbe tuttavia che proprio i giovani si rendessero conto che i tre pilastri del nostro sistema previdenziale non sono garantiti automaticamente. Il primo e il secondo pilastro subiranno inevitabilmente delle riforme negli anni a venire. O siamo disposti a lavorare più a lungo o a pagare più contributi o dobbiamo accettare un taglio delle prestazioni. Eventuali lacune vanno compensate con il terzo pilastro. Per questo motivo consiglio di iniziare a costruire la previdenza privata già quando si è giovani. Al più tardi all’età di 50 anni dobbiamo pensare infine a come finanziare concretamente il nostro stile di vita quando saremo in pensione, individuare le lacune nella previdenza e colmarle. Perché a 60 anni è decisamente troppo tardi.
La distorsione demografica si manifesta su tre livelli:
Con questo squilibrio sempre più drammatico sarà urgentemente necessario ristrutturare l’AVS e il secondo pilastro. Credo che l’età pensionabile debba essere innalzata in futuro, anche se attualmente questa soluzione non riscuote il consenso della maggior parte della popolazione. In questo contesto posso immaginarmi che continueranno a svilupparsi modelli flessibili. Forse sarà possibile lavorare fino all’età di 70 anni, ma poi, per esempio, lavorare part-time a partire dai 60 anni.
Ho sempre ricordato anche ai miei figli che la previdenza per la vecchiaia è in crisi e che non è finanziata in modo sostenibile. Li ho incoraggiati a esercitare attivamente i propri diritti di voto e a mettere sotto pressione i politici affinché interpretino il «patto intergenerazionale» anche dal punto di vista dei giovani. Non accetto assolutamente le dichiarazioni di alcuni giovani quando affermano che tanto non riceveranno nessuna prestazione quando andranno in pensione. Sarebbe una visione fatalista che renderebbe inutile qualsiasi riforma con la motivazione che non porterebbe a nulla. No, le rendite dei tre pilastri saranno ancora erogate anche tra 35 anni, ma dobbiamo affrontare già oggi la questione di un finanziamento a lungo termine e della salvaguardia della previdenza per la vecchiaia. A tal fine, il legislatore dovrebbe snellire e semplificare in modo radicale soprattutto il secondo pilastro, mentre le casse pensione dovrebbero nuovamente poter operare in modo più libero e semplice. Parametri tecnici ed economici come il tasso di conversione o il tasso di interesse LPP non devono essere disciplinati da una legge o da un’ordinanza, ma dovrebbero poter essere determinati dal rispettivo Consiglio di fondazione. Ed è imperativo che la polarizzazione politica e la gestione della crisi del sistema previdenziale lascino rapidamente il posto a soluzioni pragmatiche. Qui, i politici devono mettere da parte l’appartenenza al proprio partito e offrire soluzioni urgenti condivise da tutti i partiti. Le possibilità ci sono, ma manca (ancora) il coraggio per una riforma sistematica.
L’interazione tra i tre pilastri e la loro struttura è ovviamente complessa, perché è stata deliberatamente scelta una combinazione tra sistema di ripartizione e sistema di capitalizzazione che già di per sé è un concetto non facile da capire. Occorre formulare ipotesi di finanziamento sull’arco di molti decenni e sono coinvolte componenti della demografia, in particolare gli sviluppi demografici futuri. Anche gli sviluppi economici, il potenziale degli investimenti e i loro rendimenti a più lungo termine sono importanti. Si tratta di questioni molto complesse che il sistema deve risolvere. Non è possibile offrire soluzioni semplici in questo contesto.
Questo è assolutamente corretto, e fa presagire grandi frustrazioni per molti futuri pensionati se non hanno accumulato altri risparmi. Perché l’AVS e la previdenza professionale da sole non bastano per realizzare le tante cose che abbiamo sognato di fare in età avanzata. In verità, questo non è nemmeno il compito del primo e del secondo pilastro. Insieme, dovrebbero garantire in modo adeguato il mantenimento del tenore di vita usuale. Per i sogni in più è necessaria la previdenza privata.
I giovani di età inferiore ai 25 anni devono prima affermarsi professionalmente, vogliono vivere intensamente gli anni della giovinezza e iniziano eventualmente a pensare di creare una famiglia. La costituzione di un terzo pilastro non rappresenta quasi mai una priorità. Il denaro su un conto di risparmio può anche essere utilizzato più facilmente per i consumi, le vacanze o un acquisto importante. Questo vale probabilmente anche per chi percepisce un reddito mensile nettamente inferiore a CHF 6'000. In questo caso la priorità è data al finanziamento della famiglia, della propria abitazione o dell’istruzione dei figli. Tuttavia, sarebbe molto opportuno che anche questo gruppo versasse contributi nel terzo pilastro con le sue agevolazioni fiscali, perché dovrebbe essere sempre possibile mettere da parte un po’ di denaro per finanziare la propria previdenza individuale. Va aggiunto che un conto di risparmio non gode di alcuna agevolazione fiscale e attualmente non offre neanche interessi significativi. Pertanto, questo conto non è certamente adatto per una previdenza individuale a lungo termine.
Prima di tutto vorrei dire che in nessun caso desidero soffrire della tipica malattia dei pensionati, ossia la famigerata mancanza di tempo. Desidero affrontare la terza fase della mia vita in modo molto consapevole, concedendomi anche ampia libertà nello strutturare la mia quotidianità e lasciando a volte che le cose accadano da sole. Ho costituito una piccola società di consulenza per condividere con altre persone coinvolte l’approfondita conoscenza in materia e la pluriennale esperienza acquisita nel settore della previdenza per la vecchiaia. Ho anche previsto di fare dei viaggi. Leggerò inoltre molto e forse mi metterò al computer per avviare un mio blog o scriverò un libro: in mente ho sicuramente abbastanza storie emozionanti da raccontare. Sarò anche felice di poter trascorrere più tempo con la mia cara moglie, la mia famiglia e i miei amici!
Il 1° luglio 2020 Hedwig Ulmer ha assunto la direzione del settore Previdenza professionale dell’Helvetia.