3 aprile 2014, Testo: Cristiano Fiumara
L’ultima riforma, la Monti-Fornero, ha ulteriormente inasprito i requisiti di accesso alla pensione sia in termini di età richiesta che per il numero minimo di anni di lavoro necessari ai fini del pensionamento.
Inoltre i più giovani dovranno attendersi una progressiva riduzione dell’importo che percepiranno sotto forma di pensione pubblica; ciò a causa di vari fattori, quali:
- l’adozione da parte della previdenza pubblica del sistema di calcolo della pensione di tipo “contributivo” (in luogo di quello “retributivo”),
- la difficoltà per i lavoratori di versare in via continuativa i propri contributi pensionistici a causa dell’attuale contesto economico-lavorativo e
- l’allungamento dell’aspettativa di vita media degli italiani.
Per rispondere alla domanda è utile innanzitutto confrontare il sistema di calcolo della pensione in regime retributivo, applicato ai genitori, rispetto al nuovo regime contributivo, valido per i più giovani.
Il primo prevede che la pensione sia calcolata sulla base della retribuzione percepita dal lavoratore negli ultimi anni di attività (quando cioè la retribuzione risulta generalmente più elevata), prescindendo dall’ammontare dei contributi effettivamente versati dal lavoratore; il secondo sistema, di tipo contributivo (valido per i più giovani), calcola l’ammontare dell’assegno pensionistico sulla base dei soli contributi effettivamente versati dal lavoratore durante la propria vita professionale.
Altro punto d’attenzione deriva dal fatto che, per far sì che i suddetti contributi siano sufficienti a garantire il pagamento della pensione pubblica a fronte dell’allungamento dell’aspettativa di vita media degli italiani, il sistema previdenziale ha introdotto un meccanismo automatico che porterà alla progressiva riduzione dell’assegno pensionistico destinato alle giovani generazioni.
Per capirci facciamo un esempio: per ottenere una pensione lorda pari a 1.200 € mese (per 13 mensilità), a 65 anni oggi occorrono ben 287.000 €. Qualche anno fa erano sufficienti 255.000 €! Per compensare tale differenza, un lavoratore dipendente - che percepisce una retribuzione annua lorda di 20.000 € (retribuzione media degli italiani nel 2013) – si troverà di fronte a due alternative: