Vivere per 40 anni con una pensione ottenuta da giovani? Un sogno irrealizzabile per i lavoratori di oggi, ma in realtà vissuto da più di 400.000 italiani e che ora rappresenta un incubo per il resto della popolazione lavorativa.
Il dato è riportato nell’ultimo rapporto del Centro Studi Itinerari Previdenziali sul bilancio del sistema pensionistico italiano, presentato a gennaio alla Camera, dove si evidenzia che in Italia ci sono circa 800.000 ultranovantenni, di cui quasi la metà “baby pensionati”.
Le cosiddette “baby pensioni” nascono negli anni ’70, in un periodo di forte espansione del welfare italiano, con l’intento di favorire il ricambio generazionale nel mercato del lavoro e garantire una maggiore stabilità economica alle famiglie. La normativa, introdotta con una legge del 1973, permetteva a dipendenti pubblici, insegnanti e lavoratori di alcune categorie di accedere alla pensione con requisiti estremamente agevolati: bastavano 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di contributi per le donne sposate con figli, compresi i riscatti di maternità e laurea; 19 anni per i dipendenti statali, 25 anni per i lavoratori degli enti locali e 20 per le donne.
Tanto per fare un esempio, “una laureata con 2 figli poteva lavorare anche per soli 8 anni e poi pensionarsi a vita”. In qualche caso limite si riusciva ad andare in pensione intorno ai 30 anni, un’età in cui oggi la maggior parte dei ragazzi si sta affacciando al mondo del lavoro.
Questo sistema, ritenuto sostenibile nell’immediato, si è rivelato nel tempo una follia che stiamo pagando a caro prezzo.
Le baby pensioni superano infatti di gran lunga il periodo di quiescenza ideale di 20-25 anni, compromettendo di fatto l’equilibrio finanziario del nostro sistema previdenziale. Le riforme adottate nei decenni passati hanno introdotto regolamenti più severi sia per quanto riguarda l’età pensionabile sia per i contributi richiesti. In un’Italia caratterizzata da una elevata aspettativa di vita, questi cambiamenti erano inevitabili per raggiungere la sostenibilità. Oggi il sistema prevede la possibilità di una pensione anticipata ordinaria solo a chi ha maturato oltre 40 anni di contributi e include altre agevolazioni come Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi), Opzione donna e Ape sociale.
Non è un mistero quanto il sistema previdenziale pubblico sia in difficoltà, e per garantirne la sostenibilità negli ultimi decenni sono state introdotte profonde trasformazioni, una su tutte il passaggio da un modello retributivo a uno contributivo.
Questo significa che l’importo della pensione non viene più calcolato sulla base della retribuzione media degli ultimi anni di lavoro, ma dipenderà strettamente dai contributi versati nel corso della vita lavorativa. Con evidenti svantaggi per il pensionato.
Le certezze per chi andrà in pensione tra 15 o 20 anni non sono molte ed è quindi normale guardare a soluzioni integrative, sotto forma di secondo pilastro previdenziale, che permettano maggiore stabilità economica nella vecchiaia.
La previdenza complementare è un’opzione che piace, stando all’ultima rilevazione della Commissione vigilanza sui fondi pensione (Covip), dove si evidenzia il suo andamento positivo, peraltro già in atto dalla fine della pandemia.
La crescita generale delle adesioni nel 2024 è stata del 3,3% con rendimenti mediamente ottimi, che hanno raggiunto il + 10,3% nei PIP (Piani Individuali Pensionistici).
Tra le diverse forme di previdenza complementare previste nel nostro sistema, i PIP rappresentano una soluzione particolarmente interessante e flessibile per garantirsi una prestazione pensionistica in forma di rendita o di capitale.
In breve, i PIP sono prodotti assicurativi che consentono di costruire una pensione complementare attraverso versamenti periodici, senza l’obbligo di adesione tramite un datore di lavoro.
Questa caratteristica li rende particolarmente vantaggiosi per lavoratori autonomi, liberi professionisti e chiunque voglia integrare la propria pensione senza vincoli contrattuali.
Helvetia Aequa è un Piano Individuale Pensionistico di tipo assicurativo – fondo pensione offerto da Helvetia Vita S.p.A., che attraverso versamenti periodici, del datore di lavoro, TFR o trasferimenti da altre forme di pensione complementari consente di accumulare un montante che potrà poi essere richiesto, al momento del pensionamento, sotto forma di capitale e/o di rendita come forma integrativa della pensione pubblica.
Vantaggiose in particolare le agevolazioni fiscali, visto che i contributi volontari versati dall'aderente sono deducibili fino a 5.164,57 euro all’anno, permettendo una riduzione dell’imponibile.
Helvetia Aequa è caratterizzata dalla più ampia flessibilità, in quanto non prevede costi di ingresso e consente di scegliere tra diversi comparti di investimento, offrendo la possibilità di adattare la strategia previdenziale alle proprie esigenze.
Helvetia Aequa prevede inoltre due interessanti prestazioni accessorie tra cui scegliere, pensate per la massima sicurezza dell'aderente. Sono prestazioni facoltative, attivabili al momento dell’adesione o successivamente, disponibili anche per clienti già aderenti ad Helvetia Aequa.
Si tratta in pratica di due coperture aggiuntive che permettono di raggiungere gli obiettivi di accantonamento anche in caso di eventi imprevisti che rischierebbero altrimenti di compromettere la possibilità di continuare i versamenti. Nello specifico:
I vantaggi di Helvetia Aequa in pillole:
Inoltre, anche ad Helvetia Aequa sono applicabili i vantaggi della previdenza complementare quali:
Messaggio promozionale riguardante forme pensionistiche complementari: "Prima dell'adesione leggere la Parte I della Nota Informativa "Le informazioni chiave per l'Aderente" e l'Appendice "Informativa sulla sostenibilità". Maggiori informazioni sulla forma pensionistica sono rinvenibili nella Nota Informativa completa, nel Regolamento e nelle Condizioni generali di contratto.
Tali documenti sono stampabili sul sito internet della Compagnia www.helvetia.it o, diversamente, sono visionabili presso la sede dei nostri Intermediari.